Rivista — 01.09.2018
Fiumi di parole sulla scuola ma di confronti costruttivi neanche a parlarne...
Da un anno a questa parte in Ticino si fa un gran parlare di scuola. Per chi la fa tutti i giorni dovrebbe essere una bella notizia. La scuola è il luogo (e non solo fisico) in cui crescono gli adulti di domani. Parlarne, discutere, elaborare proposte per metterla nelle migliori condizioni di svolgere il suo ruolo non può che essere posi- tivo. Un’affermazione banale, se si vuole, scontata. Eppure... il gran parlare che si è fatto attorno alla scuola a cosa ha portato? Concretamente: la civica è diventata materia autonoma, liberata dall’abbraccio mortale della storia. Due ore al mese che hanno l’obiettivo di insegnare agli allievi delle scuole medie il funzionamento dello stato. Diventeranno cittadini più consapevoli, più critici, più attivi grazie a quelle due ore? Non lo sapremo mai. Quali strumenti ci potranno dire se quella manciata di ore (certe, a differenza del passato, secondo chi le ha volute) avrà un impatto sulla “costruzione” del cittadino di domani? Al contrario, è certo che si sia persa per i docenti di storia la possibilità di legare l’insegnamento del cammino dell’uomo allo sviluppo delle strutture sociali e politiche. Ma tant’è. Il popolo sovrano così ha deciso. E, qualche mese dopo, lo stesso popolo sovrano ha stabilito che la sperimentazione sulla riforma scolastica non si farà, gettando il progetto nel cestino della carta straccia. Un voto sul quale, come canterebbero i Jalice, si sono scritti fiumi di parole... Le pagine dei giornali ticinesi e gli studi televisivi sono stati occupati stabilmente dai contendenti. Bene, si dirà, finalmente si discute a fondo della scuola ticinese, di come darle le risorse per svolgere al meglio il suo compito. Quel compito che nelle parole dei dibattenti si modella e modifica continuamente, a seconda della posizione ideologica e/o politica. È questo il nocciolo della questione: definire il compito della scuola. Un tema sul quale potremmo discettare a lungo partendo da Platone e infilando poi perle di saggezza di filosofi e intellettuali che, dall’antichità a oggi, hanno espresso punti di vista spesso diversi sul fare scuola. Aiuterebbe un simile excursus? Ne dubitiamo. Varrebbe piuttosto la pena di confrontarsi onestamente, ossia dichiarando la propria visione della scuola, senza nascondersi dietro paludamenti retorici, in modo da aprire finalmente una stagione di dialogo serio, franco e costruttivo, che non sia finalizzato a scopi politici o di propaganda elettorale ma al bene della scuola.
Nunzia Conte Giacometti
Sommario
- Fiumi di parole
- A piccoli passi
- Intervista a Bertoli
- Piano di studio, revisione
- Studenti e malattia
- Educare alle scelte, bilancio
- Obiettivi e percorsi
- Solidarietà
- Il grande sciopero del '18