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Rivista — 01.01.2017

Il vero obiettivo è mettere a fuoco la scuola di domani

La scuola fa audience. È al centro di dibattiti televisivi, occupa le pagine dei quotidiani, anima il confronto politico. Per chi nella scuola vive, è normale accalorarsi, dibattere sulle questioni che toccano questo mondo così addentro alla vita del Paese ma anche così nebuloso per molti. Nelle aule ticinesi entrano ogni giorno migliaia di bambini, ragazzi e giovani. E insieme a loro varcano quelle porte migliaia di docenti. Insieme costruiscono un cammino, insieme crescono, e, dopo un viaggio
di anni, si salutano portando un bagaglio più o meno gonfio, più o meno prezioso. Quel percorso è fondamentale per la vita di ciascuno di quei giovani ma anche per tutti i docenti che li hanno accompagnati, spronati, aiutati. È per questo che il dibattito sulla scuola ticinese, sull’orlo di una riforma epocale, non può che essere a tutto campo.

Certo viene il sospetto che la politica abbia preso la palla al balzo per combattere altre battaglie, estranee al mondo della scuola, ma non è importante. Ciò che conta è che se ne parli, che di scuola si discuta ora, prima che si metta il primo mattone di una riforma che ha l’obiettivo di riscrivere le regole del fare scuola. Tra le tante risposte alla consultazione rese pubbliche in queste settimane è difficile trovare molte note positive sulla riforma “La scuola che verrà”. Curiosamente il fronte del no è trasversale, riunisce posizioni e sensibilità molto diverse ma che convergono su un deciso altolà. Da sinistra ci si preoccupa che l’obiettivo di una scuola che azzeri le differenze di partenza tra gli allievi così non sarà mai raggiunto, anzi si sostiene che la scuola le congelerà, da posizioni più moderate si esprimono critiche a un’impostazione che rischia di livellare tutti verso il basso.

C’è però un aspetto che si ritrova un po’ in tutte le prese di posizione, ossia la mancanza di un’approfondita analisi della scuola ticinese di oggi, un esame da cui emergano gli aspetti critici sui quali intervenire. E forse è proprio da qui che bisognerebbe partire per arrivare poi a chiedersi che scuola vogliamo e quale formazione intendiamo dare a quei ragazzi che ogni giorno entrano nelle loro aule. I documenti che illustrano “La scuola che verrà” ma anche il Nuovo piano di studio sono permeati dalla convinzione che ci si debba concentrare su ciò che è utile, che serve a risolvere situazioni concrete. Ben venga ciò che è utile, ciò che è concreto, quotidiano, ma un giovane non può essere incanalato solo su questa via. Gli mancherebbero quegli stimoli culturali, già, proprio quelli, che stuzzicano la sua curiosità, che lo spingono a ampliare gli orizzonti, a sollevare lo sguardo oltre il suo banco, la sua aula, la sua scuola, a nutrire ideali sempre più ampi. La partita va giocata su questi due piani, se si vuole che la scuola formi non solo per la quotidianità ma anche per la vita.

Nunzia Conte Giacometti

Sommario

  • La scuola di domani
  • La scure sulla riforma
  • Riforma necessaria?
  • Il senso della scuola
  • Dal Ticino ad Haiti
  • Ricordando don Milani
  • Le leggi sul lavoro in Ticino
  • Anglicismi e italiano
  • In memoria di Paolo Antognini

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